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foto, fotografia, fotografie, New York, nostalgia, passato, persone, Roma, storia
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“La nostalgia è negazione, negazione di un presente infelice. E il nome di questo falso pensiero è sindrome epoca d’oro, cioè l’idea errata che un diverso periodo storico sia migliore di quello in cui viviamo. Vedete, è un difetto dell’immaginario romantico di certe persone che trovano difficile cavarsela nel presente”.
Quando m’imbatto in ritratti d’epoca mi piomba addosso una strana nostalgia. Strana perché non ho motivo di averne, dal momento che non ho vissuto nell’Ottocento (mi sembrava carino specificarlo).
Eppure sta lì, dietro il cuore. Fa capolino dal nulla quando vedo carrozze, ombrellini parasole, abiti lunghi, bastoni da passeggio, gentiluomini e gentildonne passati a miglior vita da un pezzo.
È una sensazione diversa da quella che mi prende quando osservo un quadro che mi piace. La fotografia coglie un istante di vita non interpretata, diverso dall’ideale rappresentato su una tela.
Alcune sembrano addirittura finte, costruite ad hoc come quelle che ti propinano ai parchi divertimenti. E bisogna fare uno sforzo per comprendere alcune cose. Ad esempio che le pose immortalate su un cartoncino dagli angoli molli – scovato in soffitta o al mercato dell’antiquariato – appartenevano a una vita vera, piena di persone reali. Il passato è più vicino a noi di quanto pensiamo.
Ecco allora la meraviglia delle smorfie seriose – catturate, non dipinte – che hanno più di centocinquant’anni.
Del rumore della pioggia sopra un calesse. Lo si può quasi vedere.
Dei vestiti ingombranti, preziosi, che non si possono indossare senza l’aiuto di qualcuno.
Delle amicizie che, anche a distanza di secoli, non finiscono mai.
Ciò che noi fingiamo d’essere e interpretare – magari a carnevale o una festa a tema – una volta era la quotidianità. Non è poi così scontato. Io faccio ancora fatica a crederlo. I romantici vedono soltanto i lati positivi delle epoche che furono. E probabilmente è proprio perchè non possiamo tornare indietro per toccare con mano che ci concediamo il lusso di immaginarcele come ci pare. Senza gli odori pungenti, le malattie, le scomodità, le difficoltà giornaliere.
Dopotutto qualcuno ci ha vissuto davvero laggiù, nel passato. E se è un sorriso genuino a uscire dal bianco e nero, beh, allora non doveva essere poi così male.
Per chi volesse approfondire:
- Consiglio cinematografico per coloro che sentono di appartenere a un altro tempo: Midnight in Paris (Woody Allen)
- La pagina Facebook Avere nostalgia di epoche mai vissute, dove trovare conforto.
Complimenti per la tua delicatezza
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Grazie a te per questo bellissimo complimento :)
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La citazione iniziale è da Midnight in Paris? Non ricordo esattamente le parole, ma in quel film (che tu stessa suggerisci) viene in effetti espresso lo stesso concetto. Concetto che condivido, ed è bello vedere come Allen riesca ad esser così lucido da analizzare se stesso: lui ha la sindrome dell’epoca d’oro, se la tiene, ci convive, ma ciò non gli impedisce di esserne consapevole, il che dovrebbe aiutare a stemperare gli eccessi di questa sindrome.
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Sì, la citazione viene proprio da Midnight in Paris :)
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Il blog sembra molto interessante e ben scritto e mi pare di aver a che fare con una persona particolarmente acculturata. Sono nuovo su WordPress, ma credo che prenderò il coraggio a due mani e sceglierò subito il tuo blog tra quelli da seguire. Anch’io sono un nostalgico dell’epoca vittoriana, ma mi affascina di più la “parte” relativa alle esplorazioni. Fortissima la nostalgia per epoche mai vissute. Chissà, nascere 130 anni prima, magari… ma non voglio rattristarmi troppo. Alla prossima!
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Grazie mille per le tue parole e benvenuto! Il fascino del passato accomuna molte persone… qualcosa vorrà dire, no? ;)
A presto :)
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Ti capisco a pieno, la sensazione di essere nata nell’epoca sbagliata persegue anche me!
Articolo veramente interessante! :)
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Grazie mille :)
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Vedrò il film di Allen, fra i miei registi e attori preferiti.
Ho una collezione di antiche cartoline e le immagini degli Alinari, iniziate coi volumi del TCI e le tante pubblicazioni trovate sulle bancarelle dell’usato, nei remainder’s book, ora spariti a Roma da circa un decennio.
Ci torno spesso a vedere queste immagini, un po’ delle migliaia che ho, fra gli scaffali e nel computer; non solo delle persone e dei luoghi ma anche degli oggetti. Per non dire, poi, dei film, tantissimi scaricati dalla rete.
Mancano all’appello due o tre vite, per vedere tutto.
Con Internet la scelta e la memorizzazione è quasi infinita, vale a dire finita.
Io so che è una nostalgia per il tempo appartenuto ad altri, non vissuto da noi, eppure che in qualche modo ci appartiene, perchè ci identifichiamo negli avi, vorremmo che ancora fossero vivi. In fondo ci siamo noi, lì dentro.
E’ un po’ come sconfiggere la morte, per un attimo, quello della foto.
Stessa sensazione di quando ci comunicano che il tale attore, scienziato, personaggio è morto e ce lo fanno vedere nel passato.
Ed ora che succederà? Che si avvicina il momento in cui toccherà a noi, ma il mondo oggi è così caotico che non saremo da nessuna parte.
Desolazione per il disastro che il tempo – noi – ha compiuto in quel mondo, ormai sparito.
Non ci sono più quelle persone e quei luoghi, che peccato! Erano belli ma la vita era assai più dura, questo l’argine per ulteriori fantasie.
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