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Era una bella giornata, con un leggero velo di foschia, e il freddo intenso delle ore notturne si era mitigato. L’immensa folla che fiancheggiava il percorso verso la ghigliottina, in place du Carrousel, si compattava intorno alle parole d’ordine urlate dalla scorta: «Fate largo all’Austriaca!» e «Viva la Repubblica!».

Maria Antonietta era reduce da un processo frettoloso voluto tra gli altri da Maximilien de Robespierre – basato su prove tendenziose e insussistenti – e un’estenuante detenzione nella prigione della Conciergerie*.
Quando il carro raggiunse place du Carrousel, era abbastanza padrona di sé. Discese tranquilla e con passo leggero – «con arroganza» – salì rapidamente i gradini del patibolo nonostante le mani legate, fermandosi solo per chiedere scusa a Sanson (il boia) per avergli pestato un piede: «Non l’ho fatto apposta».

Così si avviò di buon grado, quasi impaziente, incontro alla morte. La sua Versailles era ormai lontana. La testa di Antoinette, desiderata da Hébert, fu tagliata con un colpo netto alle dodici e quindici di mercoledì 16 ottobre 1793, e mostrata a un pubblico in delirio.

Per il suo ultimo viaggio, ad «Antoinette Capet» non fu consentito di indossare il consueto abito nero, in quanto la folla avrebbe potuto insultarla per aver osato vestirsi a lutto. Le fu quindi permesso di indossare il semplice abito bianco di tutti i giorni; nessuno ricordava che, in passato, il bianco era il colore del lutto per le regine di Francia.

Maria Antonietta diventò il capro espiatorio di ogni male che aveva colpito il Paese. Fra l’altro, sarebbe stata incolpata di tutta la Rivoluzione francese da coloro che, ottimisticamente, volevano trovare un unico «colpevole» per poter spiegare i complessi errori del passato.
La sfortuna la perseguitò dal suo arrivo in Francia, ambasciatrice non voluta e inadeguata di una grande potenza, moglie bambina respinta, fino alla fine, quando divenne la vittima sacrificale del fallimento della monarchia.

Digital art by Ricardo Salamanca

Digital art by Ricardo Salamanca

[…] «Che mio figlio non dimentichi mai le parole di suo padre… non tenti mai di vendicare la nostra morte. […] Adieu, mia buona e tenera sorella; che questa lettera possa giungere fino a voi! Conservate sempre il mio ricordo; vi abbraccio con tutto il cuore, insieme a quei poveri, amati figli. Mio Dio, solo lacerata al pensiero di abbandonarli per sempre».

Clip del film

Clip del film “Les Adieux à la Reine”, diretto da Benoît Jacquot e basato sul romanzo “Addio mia regina” di Chantal Thomas, ambientato nei primissimi giorni della Rivoluzione francese.

Chantal Thomas - Addio mia Regina, pag. 24

Chantal Thomas – Addio mia Regina, pag. 24

FONTE:

* La figura di Maria Antonietta ha ispirato il mio saggio I processi a Luigi XVI e Maria Antonietta – Dal trono al patibolo – giunto nel 2017 alla seconda edizione e disponibile anche in ebook – il quale analizza dal punto di vista giuridico i dibattimenti che gli ultimi sovrani dell’Ancien Régime dovettero affrontare in pieno clima rivoluzionario. QUI il blog di Francesca Rossi “Divine Ribelli” ha dedicato al libro una bellissima recensione, proprio in questo giorno così carico di significato *

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