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Archivi tag: bambini

C’è un paio di scarpette rosse a Buchenwald, quasi nuove, perchè i piedini dei bambini morti non consumano suole

27 mercoledì Gen 2016

Posted by Giorgia Penzo in Quel che oggi ormai è storia

≈ 42 commenti

Tag

bambini, blog, film, giorno della memoria, libri, Pensieri, ricordo, riflessioni, shoah

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald

più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.

– Joyce Lussu, 1944

Sono tantissime le letture che raccontano la Shoah: biografie, saggi, storie di fantasia, memorie di un vissuto ancora nitido per chi è sopravvissuto e che non potrà mai essere dimenticato.
Di seguito trovate qualcosa di molto simile a un piccolo consiglio, una selezione di cinque libri approdati anche al cinema/televisione che io personalmente ho apprezzato molto:

  • La chiave di Sara ➺ romanzo | film
  • Il pianista ➺ romanzo | film
  • Il bambino con il pigiama a righe ➺ romanzo | film
  • A voce alta – The reader ➺ romanzo | film
  • L’aritmetica del diavolo ➺ romanzo | film

Non c’è altro da aggiungere, se non una cosa, un dovere di tutti: ricordare.

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“Papà, ma l’amore può finire?”

09 mercoledì Dic 2015

Posted by Giorgia Penzo in Arte ~ Cultura

≈ 48 commenti

Tag

amore, bambini, famiglia, innocenza, love, papà, Pensieri, vita

Ieri Virginia mi ha chiesto: “Papà, ma se tu e la mamma vi lasciate chi è che tiene due figlie e chi una?”
Ero in cucina che stavo affettando le cipolle, la domanda mi ha colto di sorpresa.
“In che senso, Virginia?”, ho detto.
“Siamo tre sorelle”, ha detto, “la terza sorella non potete mica dividerla a metà!”
Mi è venuto da ridere. Stavo per risponderle: “Non ti preoccupare, amore, la mamma ed io non ci lasceremo mai”, ma non volevo mentirle, perché so che ogni relazione s’inventa ogni giorno, e il torto più grande che puoi fare a te stesso, e agli altri, è proprio quello di crederti invincibile.
“Virginia”, ho detto, “se per caso la mamma ed io un giorno ci separassimo vi vedremmo tutte e tre, un po’ io e un po’ la mamma, non ti preoccupare.”
“Ma in Mrs. Doubtfire il papà vedeva i bambini solo il sabato”, ha detto.
“Virginia, certe volte quando due genitori si lasciano possono succedere delle cose”, ho detto. “Magari non si sono lasciati bene, ma litigando. Ma la mamma ed io siamo stati sempre d’accordo che, se anche ci lasciassimo, voi verreste sempre prima di tutto. Hai capito? Sempre.”
Mi ha fissato in silenzio.
“Papà”, ha detto d’un tratto. “Ma l’amore può finire?”
Ci ho pensato un attimo prima di rispondere.
“L’amore non finisce”, ho detto, “sono le persone che cambiano.”
“Le persone?”, ha detto.
“Virginia”, ho detto, “anche gli adulti crescono, sai? Tu adesso sei una bambina grande, sette anni fa eri una bambina piccola. Funziona un pochino così anche per le mamme e i papà. Io quando ho conosciuto la mamma ero una persona diversa, lo era anche lei. L’importante, quando due persone si amano, è riuscire a cambiare insieme o rispettare i cambiamenti dell’altro. I genitori, con i propri figli, fanno proprio quella cosa lì, invece fra loro certe volte non ci riescono. E’ per quello che l’amore per i figli è l’unico che non finisce mai mai.”
“Ma tu”, ha detto, “quando hai incontrato la mamma, come hai fatto a sapere che era la mamma?”
“Non ho capito”, ho detto.
“Come hai fatto a capire che volevi amarla?”, ha detto.
“Ah, quello”, ho detto. “L’ho capito dopo circa dieci minuti.”
“E da cosa?”, ha detto.
“Quando ci siamo incontrati la prima volta, si è sollevata i capelli dietro la nuca, sopra la testa, e si è fatta uno chignon senza neanche un elastico, solo annodandoli”, ho detto.
“E allora?”, ha detto.
“E allora lì ho capito che lei aveva disperatamente bisogno di un elastico”, ho detto. “E io dei suoi capelli.”
“E tu ce l’avevi, l’elastico?”, ha detto.
“No”, ho detto, “ma quando la mamma lo ha scoperto ormai mi voleva già bene.”
“Papà!”, ha detto, “ma allora l’hai imbrogliata.”
“Forse un pochino”, ho detto, “ma il punto è che la mamma è stata la prima che mi abbia mai fatto venire voglia di cercare un elastico, capisci che intendo?”
Mi ha guardato per qualche secondo.
“Tieni papà”, mi ha detto, sfilandosi l’elastico che le teneva su i capelli. “Così tu e la mamma non vi lasciate.”
Lei ha riso, io per fortuna stavo affettando le cipolle.

– Matteo Bussola, disegnatore presso Sergio Bonelli Editore

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Giorgia Penzo, emiliana, ha l'anima un po' incastrata nel passato. Ama il cinema, la mitologia e scappare a Parigi alla prima occasione. È autrice di "Ogni giorno come il primo giorno" (Editrice Nord) e "Il custode di Elias" (Il Battello a Vapore).

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