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Gio.✎

~ Avete presente quegli scomodi abiti vittoriani? Ecco. Io non vorrei indossare altro.

Gio.✎

Archivi tag: cultura

Volti dell’anima

23 martedì Ott 2018

Posted by Giorgia Penzo in Arte ~ Cultura

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Tag

art, arte, blog, cultura, foto, fotografia, mostra, mostra fotografica, photo, photography, poviglio, ritratto, volti dell'anima

A volte accadono cose inaspettate. E speciali.
Come avere l’onore di essere invitata a far parte di un progetto fotografico le cui radici affondano nella terra dove sei nato, dove hai sempre vissuto. Un qualcosa di collettivo, un lavoro di anni, ben quattro. Una collezione unica di ritratti e confidenze che si trasforma in memoria.

Questo progetto è nato da un’idea audace ed è diventato realtà grazie alla passione e alla determinazione di chi lo ha realizzato: Volti dell’anima è una mostra e un libro (impreziosito dall’introduzione di Michael Kenna, fotografo di fama mondiale) che racchiude, dalle tele alle pagine, il bisogno di narrare – in parole e in immagini – il proprio paese. Poviglio, per l’esattezza: poco più di settemila anime perse volentieri nella nebbia della Bassa Reggiana.
E tra tutte queste anime, i talentuosi autori Matteo Colla (architetto e fotografo) e Daniela Dall’Aglio (redattrice delle intense didascalie/interviste che accompagnano ogni scatto) ne hanno scelte cento per raccontare – attraverso i volti, i mestieri, i posti del cuore o un dettaglio solo all’apparenza insignificante – la vita di ognuno di loro e – indirettamente – il loro paese. Persone, dunque, che fanno un luogo.

Nulla è lasciato al caso: le location, le luci, le ombre, gli oggetti. Ogni cosa parla, a suo modo, col suo linguaggio. La fotografia abbaglia, i testi rievocano. E anche se per la totalità dei non povigliesi questi volti saranno per lo più di sconosciuti, guardandoli e leggendoli non potrete fare a meno di pensare al vostro negoziante di fiducia, al vostro sarto, al vostro barista, al vostro fornaio, a voi stessi. A tutti i segreti, le emozioni, gli aneddoti e le storie incredibili celate dietro un sorriso.
Perchè i protagonisti di questa ricerca meticolosa sono esseri umani comuni, normali. Come tutti noi. E per questo motivo, straordinari.

Alcuni di questi soggetti sono vere icone mentre altri lo diventeranno. Le persone anziane che hanno vissuto la loro vita la portano scritta sul loro volto, mentre quelle giovani che la devono ancora vivere hanno sul loro viso la proiezione del film della loro vita. – Matteo Colla e Daniela Dall’Aglio

 – Foto del backstage “Dietro le quinte di un ritratto” Ⓒ Marco Colla e Daniela Dall’Aglio

– La mostra sarà visitabile fino al 31 ottobre 2018 negli orari di apertura del Comune di Poviglio presso la Sala del Consiglio Comunale (Via Verdi, 1 – 42028 Poviglio, Reggio Emilia).

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Passaggi Festival della Saggistica a giugno nelle Marche

12 lunedì Giu 2017

Posted by Giorgia Penzo in Arte ~ Cultura

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Tag

comunicato stampa, cultura, festival, leggere, lettura, libri, marche, passaggi, saggistica

Il Passaggi Festival [Fano (PU), 21 – 25 giugno 2017] è l’unico evento letterario in Italia dedicato alla Saggistica.
L’amore al tempo dell’odio è il tema della quinta edizione che vedrà il via tra pochi giorni, e alla quale vi invito a partecipare :)
In un’epoca di conflitti spesso generati dall’odio torna centrale l’amore “come antidoto all’indifferenza e all’estraneità […] la sfida più grande e preziosa che la cultura, la riflessione, le parole scritte e pronunciate possano” affrontare.

Il festival assegna due importanti riconoscimenti:
– Premio ‘Passaggi’: Sergio Zavoli (2013), Don Luigi Ciotti (2014), Massimo Fini (2015), Gherardo Colombo (2015)
– Premio ‘Andrea Barbato’: Corrado Stajano (2014), Bernardo Valli (2015), Corrado Augias (2015)

Gli eventi in programma sono tantissimi: presentazioni di saggi con la presenza degli autori; libri per bambini; mostre d’arte; laboratori per ogni età; uno spazio dedicato alla poesia; la Notte bianca del libro e dei lettori; concerti musicali.
Inoltre debutta Passaggi EXTRA, incontro con un autore di un genere diverso dalla saggistica, che chiuderà il festival la domenica sera dopo cena. Il primo “ospite extra” è il romanziere Andrea De Carlo.

Il festival si svolge nel centro storico e nella zona balneare della cittadina del medio adriatico. Un’occasione davvero imperdibile per trascorrere un weekend di mare e di cultura.

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Sentieri silenziosi, tombe loquaci

08 mercoledì Giu 2016

Posted by Giorgia Penzo in Arte ~ Cultura

≈ 34 commenti

Tag

arte, bellezza, cimitero, cultura, morte, ottocento, simbolismo, tombe

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Quieti, sospesi nel tempo, immutati, inglobati nella vegetazione, custoditi dai gatti che – come vuole la tradizione – stanno un po’ di qua e un po’ di là.
Per quanto siano luoghi dedicati al ricordo e al cordoglio, i cimiteri – soprattutto i più antichi – non sono necessariamente mete tristi. Molti oggi sono giardini e riserve naturali; tanti conservano segreti e leggende vecchi di cent’anni e più. Ma non solo. Passeggiare in certuni non è così diverso dal visitare un museo.
In particolare, quelli costruiti tra il 17° e il 18° secolo sono ammantati da un velo di mistero irresistibile: come ogni dipinto che si rispetti sono ricchi di simboli nascosti che ci narrano una storia celata sotto quella che mostrano apertamente.
In tutte le culture del mondo e fin dalla notte dei tempi, il simbolismo ha dato la possibilità di raccontare (e racconta tuttora) ciò che non si poteva esprimere a parole: aspettative riguardo la vita nell’aldilà, buoni auspici, rappresentazioni virtuose dei trapassati, i dolori e le speranze di chi è rimasto… insomma, miriadi di storie mute e dettagli silenziosi scolpiti nella pietra.

A noi che visitiamo i cimiteri monumentali per omaggiare con un fiore il nostro scrittore o compositore preferito, alcune sculture – a volte vere e proprie opere d’arte – potrebbero sembrarci un mero ornamento, tuttavia non è così. Ogni cosa ha un significato nascosto. Ogni luogo, anche quello che sembra il più lugubre, può celare bellezza e speranza.

✥ TESCHIO ALATO
Popolare specialmente tra il 17° e il 18° secolo, il teschio alato simboleggia la fugacità della vita e l’anima che si eleva nell’aldilà. passeggiata_con_la_morte✥ CLESSIDRA ALATA
Simile al teschio alato, la clessidra con le ali aperte indica la rapidità con cui scorre il tempo. Il movimento della sabbia contenuta nella clessidra è verso il basso e può simboleggiare il ritorno dell’uomo alla terra. Inoltre le due parti della clessidra passano reciprocamente da una dimensione di pienezza e una di vuoto.
Qui il tempo che vola (e con lui la vita) viene rappresentato in modo letterale: le ali sono simbolo del movimento e del cambiamento di stato. Alati sono i piedi di Mercurio o Ermes, accompagnatore del anime dei morti nella cultura greco-romana. Hanno ali Thanathos e Hypnos, così come i demoni e gli angeli.
passeggiata_con_la_morte_classidra

✥ MANI CHE SI STRINGONO
Le mani sono molto comuni sulle tombe: possono puntare verso l’alto come ad indicare il Paradiso, oppure verso il basso alla stregua di un messaggio divino per chi ancora cammina sulla terra. Spesso due mani raffigurate nell’intento di stringersi rappresentano un ultimo saluto, specialmente sulle tombe di una coppia sposata quando uno dei due coniugi è venuto a mancare mentre l’altro è rimasto.
passeggiata_con_la_morte_mani✥ TORCIA ROVESCIATA
Una torcia rovesciata con la fiamma rivolta al terreno simboleggia la vita dopo la morte: indica che l’anima sta ancora bruciando nell’aldilà.
passeggiata_con_la_morte_torce✥ COLOMBA
Presente per lo più sulle tombe di donne decedute ancora giovani, la colomba rappresenta pace, dolcezza e purezza. A volte viene rappresentata nell’atto di ascendere al cielo, oppure scolpita mentre giace morta se la dipartita della persona cara è avvenuta improvvisamente. Nella tradizione cristiana la colomba è simbolo dello Spirito Santo.
passeggiata_con_la_morte_colomba✥ ROSA SPEZZATA
Il fiore della rosa – oltre a essere un simbolo mariano – simboleggia l’età della donna quando è venuta a mancare. Se si tratta di un bocciolo o di una rosa in piena fioritura e lo stelo spinato è spezzato, significa che la ragazza è morta prematuramente.

✥ TRONCO D’ALBERO
Le tombe realizzate con la forma di un ceppo d’albero simboleggiano una giovane vita recisa all’improvviso.
passeggiata_con_la_morte_tronco✥ GRANO
Portatore dei misteri della vita che rinasce nel seme che muore, alimento base per millenni, nell’Antico Egitto era simbolo di resurrezione legato al dio Osiride, divinità degli inferi e dell’agricoltura. ll grano, insieme ad altri simboli come le foglie di quercia, rappresenta una lunga vita e ciò che è stato raccolto dalla Mietitrice una volta giunto il momento.
passeggiata_con_la_morte_grano✥ AGNELLO
Il biancore del suo manto e la sua fragilità ne fanno un simbolo d’innocenza e di purezza. Generalmente presente sulle tombe dei bambini, nella tradizione cristiana può essere anche un riferimento a Gesù, l’Agnello di Dio.
passeggiata_con_la_morte_agnello✥ LIBRO APERTO
Rappresenta il libro della vita, l’amore della persona per la letteratura, o può essere un riferimento alla Bibbia. Il libro aperto simboleggia l’apertura del cuore a Dio, nonché tutte le azioni meritevoli di memoria compiute nella vita della persona defunta.
passeggiata_con_la_morte_libro✥ URNA DRAPPEGGIATA
Molto comune nei cimiteri dell’epoca Vittoriana, rappresenta la separazione tra i vivi e i morti. Il drappo o velo simboleggia una sorta di sudario protettivo per l’anima, oltre ad essere un’iconografia di ispirazione classica della morte.
passeggiata_con_la_morte_urna✥ CANCELLO APERTO
La porta è un motivo che ricorre con una certa frequenza nell’arte funeraria occidentale, dall’epoca etrusco-romana al XIX secolo.
Cancelli aperti simboleggiano il passaggio nel Paradiso, la partenza dalla terra dei vivi per raggiungere l’aldilà. Nel mondo cristiano potrebbero rinviare all’idea dell’attesa del giudizio: il morto è statico, ma in una dimensione provvisoria di attesa. La porta non completamente chiusa sembra anche simbolicamente spezzare l’unidirezionalità che la morte impone alla vita, sottolineando l’idea di una possibile comunicazione tra i due mondi.
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Questi sono solo alcuni esempi dei tanti espedienti narrativi dei nostri predecessori: potreste imbattervi senza difficoltà in raffigurazioni di cani, cigni, cicogne, barche, cipressi, catene, conchiglie, cornucopie, lucerne, gigli, melograni, serpenti e così via, oltre che a continui rimandi alla cultura greco-romana, etrusca e all’Antico Egitto.
Noi – abituati a tombe semplici dove campeggia una fotografia, un paio di date e a volte una frase standardizzata – potremmo guardare alle costruzioni della borghesia dell’Ottocento come a qualcosa di bizzarro e pomposo.
Eppure il cimitero, come già notava il sociologo Jean-Didier Urbain, rappresenta una risorsa inestimabile, “una sorta di enorme biblioteca, dove si possono consultare le biografie di migliaia di persone, i loro alberi genealogici, cercare informazioni sulla storia economica, politica e culturale di una città o di una nazione, e sfogliare i volumi enciclopedici della loro storia dell’arte e del costume“.

La prossima volta che capiterete in una di queste città ottocentesche dei morti, fermatevi un istante tra i suoi sentieri: guardate cosa tiene in mano quell’angelo, cosa indica quel putto, da che è parte è voltata quella statua, quali fregi compaiono vicino agli epitaffi.

“Dead men tell no tales”. I morti non raccontano storie, dicono. Ed è vero, le sussurrano. Voi sapete ascoltare?

Fonti
- A Graphic Guide to Cemetery Symbolism
- Dizionario dei simboli funerari

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La Parigi che non ti aspetti

17 venerdì Lug 2015

Posted by Giorgia Penzo in Parigi è sempre una buona idea

≈ 51 commenti

Tag

arte, cultura, musei, parigi, paris, storia, viaggi, viaggiare

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Parigi è una sorpresa continua.
Ogni volta cerco di centellinare le cose da vedere, in modo da avere un pretesto per tornarci il prima possibile. Di solito organizzo i miei viaggi nei dettagli con mesi di anticipo. La partenza della settimana scorsa, infatti, non era in programma.
Dopo la trasferta invernale credevo che avrei dovuto aspettare ancora un bel po’ prima di rivederla. Invece è successa e basta, all’improvviso, e a un: “Andiamo?” della persona giusta non ho saputo tirarmi indietro.
Quando Parigi capita è ancora più bella.

Anche in questa occasione non sono mancate le visite obbligate.
Il saluto a Notre-Dame appena arrivata in centro ormai è una tradizione. Lì, sul Pont Saint-Michel, a pochi passi dalla piazza della cattedrale, l’emozione e la felicità prendono il sopravvento come se fosse sempre la prima volta.

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Poi la puntatina al Musée d’Orsay, la culla dell’Impressionismo e dell’Art Nouveau. Purtroppo solo là ho scoperto che il quadro di Van Gogh che preferisco – La notte stellata – si trova in prestito a Oslo fino a settembre per l’esposizione Van Gogh + Munch.
Sarà per la prossima volta. :D

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Infine un tuffo al Louvre soltanto per lei: la meravigliosa Nike di Samotracia, fresca di restauro. Abbagliante.

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Ma la Parigi che non mi aspettavo non è stato solo il viaggio in sé. Mi sono imbattuta in tre avventure non convenzionali che mi hanno mostrato un altro lato della Ville Lumière, quello che forse esula un po’ dalle mete turistiche standard.

La prima è stata la visita alle Fogne di Parigi, la città sotto la città.

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Un luogo insolito, direte voi. Avete ragione, lo è. Così com’è anche interessante, suggestivo, atipico, reale. Parigi è anche questo.
Si tratta di chilometri di cunicoli nelle viscere della città, attraversati dalle acque chiare e non (odore pesante compreso ma sopportabilissimo).
Dentro questo labirinto si dirama un museo che racconta la storia delle fogne dagli albori fino ai giorni nostri, i principi di alimentazione dell’acqua potabile, le tecniche di pulitura e la lotta combattuta nei secoli per preservare l’equilibrio ecologico della città.
Il museo è ospitato nella Galleria Belgrand, colui che nel 1850 concepì la rete fognaria di cui Parigi è attualmente dotata.

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Ed è proprio in questi canali che Victor Hugo ambientò la fuga di Jean Valjean e Marius nel suo romanzo capolavoro I Miserabili.

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La seconda è stata la scoperta dei Passages Couverts grazie al consiglio di un’amica. :)
I Passages fanno la loro apparizione nella capitale francese verso la fine del 18° secolo. Costruiti prevalentemente in ghisa e vetro – che diffonde tutt’intorno una luce particolarissima – permettevano alla clientela agiata che li utilizzavano di passare da una via all’altra, curiosare tra le vetrine e nelle librerie, fare compere o ristorarsi in un café protetti dalle intemperie, dalla circolazione stradale, dal rumore e dall’inquinamento.

La maggior parte furono costruiti sulla rive droite della Senna, soprattutto nel quartiere dei Grands Boulevards. Ma con l’avvento dei grandi magazzini e della rivoluzione architettonica, queste oasi di Belle Époque isolate dalla frenesia cittadina persero via via d’importanza.
Oggi di significativi se ne contano appena una decina, tra cui la raffinata Galerie Vivienne.

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Inglobata al piano terra di un grande palazzo (come la maggior parte dei passages) e lunga 176 metri, naque nel 1826 come galleria per negozi e boutique di lusso. Tuttora ne conserva le caratteristiche e l’aspetto ancora molto elegante.
I mosaici al suolo, le decorazioni fatte di archi, gli ornamenti e la tettoia in vetro si sono conservate in ottimo stato fino ai giorni nostri.
Mentre si cammina sotto la volta trasparente è impossibile non immaginare d’indossare un lungo abito di fine Ottocento. Passeggiare in questa galleria è davvero un tuffo indietro nel tempo.

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La terza avventura – la più indimenticabile – è stata quella del pomeriggio del 15 luglio.
Dopo due anni passati invano a monitorare il sito dello Château de Versailles nel tentativo di rientrare nel numero limitatissimo di accessi consentiti, sono riuscita a prenotare una visita guidata agli Appartamenti privati della Regina.
Ma questa esperienza merita un articolo tutto suo. :)

Vi do appuntamento alla prossima settimana per condividere con voi fotografie e sensazioni di una giornata che mi rimarrà nel cuore per sempre.

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Cartoline per formiche

17 lunedì Nov 2014

Posted by Giorgia Penzo in Arte ~ Cultura

≈ 23 commenti

Tag

arte, creatività, cultura, dipingere, disegnare, disegno, Lorraine Loots, quadri

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Dipinti in miniatura grandi quanto una moneta.
Uno per ogni giorno a partire dal 1° gennaio 2013.
Tutti realizzati con pennelli, matite e acquerelli oltre all’ausilio di una semplice lente d’ingrandimento per i dettagli.

Postcards for Ants è un progetto in continua evoluzione dell’artista sudafricana Lorraine Loots.

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Di seguito troverete alcuni esempi di quadri, rigorosamente in ordine cronologico dal più recente. Selezionare quali mostrarvi è stata una vera fatica! Rifatevi gli occhi e, se ne volete ancora, visitate il suo sito. :)

 

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Proprio sul sito avete la possibilità di acquistare o preordinare uno dei lavori futuri dell’artista. Lorraine mette a disposizione 5 stampe di ogni illustrazione: la presenza di un  sopra al disegno significa che è sold out, mentre i segnalano quante cartoline sono state vendute.
La sua arte è talmente apprezzata che le opere sono già tutte prenotate ancora prima di essere completate.

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Turismo, patrimoni nascosti e giovani: la necessità di valorizzare la cultura in Italia

17 lunedì Feb 2014

Posted by Giorgia Penzo in Arte ~ Cultura

≈ 4 commenti

Tag

arte, cultura, giovani, italia, mibac, patrimonio artistico, turismo

L’Italia è un’elegante signora acciaccata con i segni del tempo sulla pelle, il trucco trascurato, ma con il viso ancora bellissimo. Così affascinante che persone di ogni nazionalità, età e religione attraversano il mondo per vederla e per scaldarsi il cuore con il suo sorriso. Un sorriso, da qualche anno a questa parte – purtroppo – contratto in una smorfia sofferente.

Per il premio nobel per la letteratura Gao Xingjian “la cultura non è un lusso, è una necessità”. Ma per le istituzioni italiane e i suoi vertici, la cultura nel nostro Paese non sembra meritare i primi posti negli ordini del giorno. Eppure potremmo fondare buona parte della nostra economia sul patrimonio tutelato dal MiBAC, se solo ci degnassimo di valorizzarlo a dovere.

Valle dei Templi (Agrigento)

Valle dei Templi (Agrigento)

Quello a cui assistiamo quasi quotidianamente è la trascuratezza dei luoghi di interesse archeologico, artistico e culturale – gli scavi di Pompei, per fare un esempio lampante – che invece di arricchire la nostra immagine all’estero la declassano irrimediabilmente. Se è vero che il 70% dell’antico Egitto è ancora sepolto sotto le sabbie del deserto, l’Italia non è da meno. Ovunque si scavi riemergono puntualmente reperti e installazioni del passato, come a ricordarci che c’è ancora molto da fare: una delle ultime è stata la scoperta di un’antica cattedrale incompiuta sotto alla torre di Pisa, venuta alla luce durante i lavori per il nuovo impianto di irrigazione del prato di piazza dei Miracoli. Oppure il cimitero del V secolo sotto gli Uffizi, o ancora le stanze segrete tornate alla luce ai piedi del Priamar, e così via.

Archiviata la patriottica quanto utopistica idea che il nostro Paese detenga la metà del patrimonio artistico mondiale (secondo l’UNESCO, con 49 siti d’interesse l’Italia – sebbene ai vertici – possiede meno del 6% del patrimonio artistico mondiale), la sfida che ci viene posta è come ottimizzare le nostre risorse culturali allo scopo di rendere quest’ultime fruibili ad un pubblico sempre più vasto.

Qualità prima di quantità, perché la vera cultura significa turismo e il turismo è – e deve essere, dal momento che ora come ora risulta un business colpevolmente trascurato – uno dei principali motori del nostro territorio. Occorre quindi pensare ad un massiccio intervento di restauro, riabilitazione e promozione culturale delle opere d’arte e dei monumenti simbolo del nostro Paese – anche, perché no, attraverso il patrocinio di mecenati privati – ponendoli una volta per tutte a misura di visitatore: abbattimento definitivo delle barriere architettoniche, azzeramento del degrado nei siti di interesse, più disponibilità di pacchetti vacanza turistico culturali a prezzi concorrenziali e agevolazioni, più notti bianche ai musei distribuite durante l’anno sull’intero territorio nazionale, un maggior numero di mostre con percorsi dedicati ai visitatori più piccoli, in modo da farli accostare a questo mondo che a volte rischia di risultare troppo noioso.

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Ma la cultura non è solo arte nel senso puro del termine. È anche letteratura, musica e spettacolo. Spazio quindi agli esordienti meritevoli, ai giovani che possono essere la cultura del domani: concorsi letterari gratuiti e sponsorizzati da grandi nomi – in collaborazione con case editrici non a pagamento, il tutto nel pieno rispetto del principio meritocratico – potrebbero facilitare l’emergere di una biblioteca inedita e ancora sepolta.

La cultura è anche folklore e tradizione, spesso questo un patrimonio in via di estinzione assaporato solo dal turismo di nicchia. Occorrerebbe dare più rilievo alle manifestazioni culturali proprie delle singole realtà che compongono la nostra penisola, svilupparle sul piano della promozione e dell’accessibilità, in modo da integrarle nel macrosistema italiano che spesso se ne dimentica e punta i riflettori solo sui luoghi di grande interesse.

Soffermiamoci un istante sul significato della parola cultura. La nozione deriva dal latino e significa “coltivare”, infatti alla cultura ci si addestra sin da bambini e cresce con noi nella misura in cui la curiamo. Per questo motivo è opportuno formare insegnanti propositivi e idonei a trasmettere ai propri allievi questa passione vitale (passione che tra gli italiani scarseggia). È vero che la maggior parte delle facoltà universitarie che oggi garantiscono un posto di lavoro sono a indirizzo economico-scientifico-ingegneristico, mentre le cosiddette lauree culturali ad indirizzo umanistico e artistico fanno galleggiare a malapena in un limbo di disoccupazione e precariato.

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Ma allora perché sono sempre di più i ragazzi e le ragazze che anche oggi continuano a scegliere queste facoltà, nonostante le aspettative tutt’altro che rosee? Probabilmente perché queste materie da cui moltissimi di noi si sentono irrimediabilmente attratti – non per nulla erano il pane quotidiano dei padri fondatori del nostro sapere – sono nel nostro DNA e nel nostro essere italiani. È necessario che queste facoltà e questi indirizzi di studio votati alla cultura vadano valorizzati in una scala di priorità consona. Così come è indispensabile la ricerca scientifica, così è importante la tutela e il potenziamento del patrimonio culturale e artistico in modo da permettere non solo a noi ma anche alle generazioni future di goderne e di conoscere, attraverso le stesse, la nostra storia e le nostre radici.

Se è vero, quindi, che i ripostigli e i magazzini dei musei sono zeppi di reperti e tesori nascosti questo è il momento di trovare loro una degna collocazione. La necessità di nuove infrastrutture idonee e di personale specializzato creerebbe così posti di lavoro, oltre al fatto che si aprirebbero le porte per nuove ondate di turismo. Il quale, a sua volta, porterebbe un indotto che potrebbe essere reinvestito nella conservazione dei beni culturali, nella creazione di borse di studio per brillanti universitari e ricercatori (in modo da non costringerli a fuggire all’estero) e in corsi di formazione per neolaureati da inserire nei diversi contesti museali e non.

Investire sulla cultura non è una perdita di tempo e di risorse. Lo è pensare che, anche senza alcun intervento, questa rimanga immutata. Perché esattamente come un affresco, un manoscritto miniato o una bobina cinematografica, anche la cultura come valore ha bisogno di essere protetto. Costantemente.

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Giorgia Penzo, emiliana, ha l'anima un po' incastrata nel passato. Avete presente quegli scomodi abiti vittoriani? Ecco. Lei non vorrebbe indossare altro.
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