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Elisabeth Vigée Le Brun, la ritrattista della regina

14 giovedì Gen 2016

Posted by Giorgia Penzo in Arte ~ Cultura, Parigi è sempre una buona idea

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Tag

arte, Elisabeth Vigée Lebrun, francia, Maria Antonietta, museo, parigi, paris, pittura

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Non dico di aver organizzato il soggiorno natalizio a Parigi soprattutto per non perdermi la mostra di questa straordinaria pittrice, ma la verità si avvicina. :)
L’occasione era più unica che rara. L’11 gennaio, dopo quasi quattro mesi, l’esposizione al Grand Palais ha chiuso i battenti e chissà se verrà più riproposta.
Come vi avevo anticipato la settimana scorsa, è la prima volta che a Elisabeth Vigée Le Brun viene dedicato uno spazio di grande rilievo come una mostra monografica. L’unico rammarico è non aver potuto vedere tutte, ma proprio tutte le sue opere: alcuni dipinti da lei realizzati, infatti, non erano presenti nell’allestimento.

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Tabellone "social" all'entrata del museo. Anche io ho contribuito con il mio tweet :D

Tabellone “social” all’entrata del museo. Anche io ho contribuito con il mio tweet :D (Cliccare sulla foto per vedere il post originale)

Foto ArtTribune

Foto ArtTribune

In un mondo dominato all’arte al maschile fin dagli albori, Elisabeth Vigée Le Brun è una delle pochissime artiste a essere ancora oggi ricordata dal grande pubblico. Era una donna dotata di grande talento e altrettanta bellezza, elogiata dai suoi colleghi uomini e protetta dalla regina Maria Antonietta.

Autoportrait au chapeau de paille, 1782, National Gallery (dettaglio) - Opera non presente alla mostra

Autoportrait au chapeau de paille, 1782, National Gallery (dettaglio) – Opera non presente alla mostra

I suoi lavori sono sparsi nei più prestigiosi musei del mondo, tra cui il Louvre di Parigi: lì è conservato il suo quadro più tenero in cui si ritrae con la figlia Jeanne Julie Louise. Si tratta di uno dei molti autoritratti della pittrice.

Portrait de l'artiste avec sa fille, dit "La Tendresse Maternelle", 1786

Portrait de l’artiste avec sa fille, dit “La Tendresse Maternelle”, 1786, Musée du Louvre

L'artiste exécutant un portrait de la reine Marie Antoinette, 1790

In primo piano: L’artiste exécutant un portrait de la reine Marie Antoinette, 1790, Galleria degli Uffizi. In secondo piano: Portrait dit “aux rubans cerise”, 1782, Kimbell Art Museum

La sera del 5 ottobre 1789, il giorno in cui le donne di Parigi erano scese in piazza e avevano trascinato la folla alla conquista di Versailles, Élisabeth Vigée Le Brun si travestì da popolana e lasciò di nascosto la capitale. Non soltanto l’artista più pagata di Francia non condivideva le speranze della Rivoluzione, ma se ne sentiva minacciata in prima persona.
Il popolo di Parigi non perdonava a una figlia del Terzo Stato di avere eluso – forte del suo prestigio d’artista – ogni divisione di casta, fino ad assurgere all’intimità dei salotti dell’aristocrazia più elevata; non le perdonava di aver celebrato nei suoi ritratti le lusinghe di un vecchio mondo ancora capace di apparire infinitamente giovane e seducente; ma più di ogni altra cosa non le perdonava di essere la pittrice prediletta di Maria Antonietta.

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Non si può parlare dell’ultima regina di Francia senza prendere in considerazione l’artista che più di ogni altro l’ha immortalata, una delle pochissime persone ad essere state ammesse nell’intimità del Cabinet doré nei Petit Appartement de la Reine e che grazie alla protezione di Sua Maestà riuscì a essere accolta all’Académie Royale de Peinture ed de Sculpture .
Élisabeth Vigée Le Brun descrive così la regina durante la realizzazione del suo primo ritratto:

Maria Antonietta era alta, straordinariamente ben fatta, abbastanza formosa, ma non pingue. Aveva splendide braccia, mani piccole perfettamente conformate, piedi graziosi. Era la donna di Francia dal più bell’incedere […] ma l’incarnato splendente era la connotazione più straordinaria del suo viso […]. La sua pelle era infatti così trasparente da non prender l’ombra. Non potevo quindi rendere i contrasti come avrei voluto: mi difettavano i colori per dipingere quella freschezza, quei toni così fini […] che non ho mai ritrovato in nessun’altra donna.

Nelle opere di Élisabeth Vigée Le Brun (la quale accompagnò Maria Antonietta fino all’alba della Rivoluzione) si può notare l’evoluzione della sua figura. All’inizio del regno di Luigi XVI i vestiti con cui posa la regina sono gonfi, sontuosi, opulenti e le acconciature al limite dell’estremo.
La regina adotta la rosa come suo simbolo, un accessorio immancabile dal quale non si separa quasi mai nei suoi ritratti. Compare in quello che fa inviare nel 1778 al fratello Giuseppe II…

Marie Antoinette en grand habit de cour, 1778.

Marie Antoinette en grand habit de cour, 1778, Kunsthistorishes Museum.

… e addirittura dà il nome a quello che esalta l’eleganza dei suoi ventotto anni.

Marie-Antoinette dit "à la Rose", 1783, Musée national des châteaux de Versailles et de Trianon (Opera non presente alla mostra)

Marie-Antoinette dit “à la Rose”, 1783, Musée national des châteaux de Versailles et de Trianon – Opera non presente alla mostra

Dopo la nascita della sua prima figlia, però, lo stile cambia. Maria Antonietta si rifugia al Petit Trianon, latita la corte, inizia a privilegiare la vita “di campagna” nel suo Hameau e si avvicina a un modo di vestire e acconciarsi più sobrio. Sono ancora i quadri di Madame Vigée Le Brun che ce ne danno testimonianza.

Quando ritrasse la regina con un cappello di paglia, un vestito di mussola bianca con le maniche plissettate ma alquanto aderenti e di nuovo una rosa tra le dita, le malelingue non mancarono di dire che Maria Antonietta si era fatta dipingere con la camicia da notte: erano gli anni in cui la calunnia cominciava a colpirla e i libelli scandalistici la indicavano come una donna sessualmente ambigua che amava intrattenersi con le sue dame favorite nella segretezza del Trianon.

Marie Antoinette en chemise ou en gaulle, 1783, Hessische Hausstiftung (dipinto e dettaglio)

Marie Antoinette en chemise ou en gaulle, 1783, Hessische Hausstiftung (dipinto e dettaglio)

Da lì a poco il famoso Affare della Collana avrebbe minato la sua reputazione per sempre. Il governo – nella persona del ministro delle Belle Arti, il conte d’Angevilliers – nel tentativo di ridare credibilità all’immagine della sovrana commissionò alla sua ritrattista un dipinto ricco di simboli, teso a celebrare Maria Antonietta come regina e come madre.
Per l’occasione l’abbigliamento della regina fu particolarmente studiato: Maria Antonietta indossa un tipo di abito sobrio in sostituzione alle vesti di mussolina e ai cappelli di paglia che le erano valsi feroci critiche. Il regale abito in velluto rosso è contornato da un bordo di pelliccia nera, mentre il seno matronale è messo in risalto da un pizzo bianco; gli stessi tre colori, simboli tradizionali della regalità, sono ripresi anche nel copricapo. Intenzionalmente la regina non indossa una collana.

Pur volendo mettere in evidenza la figura materna di Maria Antonietta, il ritratto non poteva esimersi dal mostrare anche la sua augusta posizione sociale: sul mobile in alto a destra del dipinto si intravede la sua corona, mentre sul lato sinistro della composizione spicca la Galleria degli Specchi, cuore della monarchia francese. La primogenita, Maria Teresa Carlotta, si protende affettuosamente verso la madre che tra le braccia tiene Luigi Carlo; il delfino di Francia, Luigi Giuseppe, indica la culla della sorellina Sofia, inizialmente presente nella composizione. Morì a nemmeno un anno di vita durante la realizzazione del dipinto e Madame Vigée Le Brun, già in ritardo con la consegna, dovette posticipare la presentazione del ritratto per togliere la bambina.

L’impostazione del quadro e la disposizione delle figure raggruppate in formato piramidale si ispirano a una “Sacra Famiglia” del Rinascimento italiano. Sembra che sia stato lo stesso Jacques-Louis David ad aver incoraggiato la pittrice in questa direzione; lui stesso avrebbe poi sacralizzato il periodo del Terrore ispirandosi per la sua Morte di Marat al Cristo deposto di Caravaggio. Ma il messaggio apologetico di Madame Vigée Le Brun arrivò comunque troppo tardi: agli occhi dell’opinione pubblica Maria Antonietta aveva cessato di essere la regina dei francesi e ora non era altro che l’“Austriaca”.

Marie Antoinette et ses enfants, 1787,

Marie Antoinette et ses enfants, 1787, Musée national des châteaux de Versailles et de Trianon

Foto ArtTribune

Foto ArtTribune

Maria Antonietta con un libro del 1788 fu l’ultimo ritratto ufficiale eseguito da Élisabeth Vigée Le Brun prima della sua fuga. Al suo posto come pittore di corte subentrò il polacco Alexandre Kucharsky.

Marie Antoinette au livre, 1788,

Marie Antoinette au livre, 1788, Musée national des châteaux de Versailles et de Trianon – Opera non presente alla mostra

Mentre a Parigi infuriava la rivoluzione, la pittrice fu invitata – e continuò così a dipingere – in tutte le corti d’Europa tra cui Roma, Vienna, Londra e San Pietroburgo, rifiutandosi di leggere i giornali per non sapere quali dei suoi amici erano stati ghigliottinati.

Julie Le Brun en baigneuse, 1792, Youssoupoff collection

Julie Le Brun en baigneuse, 1792, Youssoupoff collection

Ritornò a Parigi solo nel 1802. Verso il 1835, a 80 anni, pubblicò i propri Souvenirs, cronache di viaggi e incontri, che ebbero un grande successo e restano ancora oggi un documento molto interessante sugli sconvolgimenti dell’epoca.

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Nell’arte dell’illustrazione, uno degli ultimi omaggi a Maria Antonietta è dell’artista francese Benjamin Lacombe. Nel suo albo Marie-Antoinette: Carnet secret d’une reine – giunto alla seconda edizione – Lacombe stravolge i capolavori di Élisabeth Vigée Le Brun portandoli al limite del grottesco.
La sua Maria Antonietta è una regina che strizza l’occhio al dark, fiabesca, ammiccante, a tratti fragile ed estremamente attuale.

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Benjamin Lacombe, Marie Antoinette à la Rose, 2015.


Fonti e libri consigliati per approfondire le figure di Elisabeth Vigée Lebrun e Maria Antonietta:
– C. BERLY, Le Versailles de Marie-Antoinette, Art Lys, 2013.
– A. FRASER, Maria Antonietta. La solitudine di una regina, Mondadori, 2004.
– E. VIGÉE LE BRUN, Memorie di una ritrattista, Abscondita 2006.
– E. VIGÉE LE BRUN, Viaggio in Italia di una donna artista. I «Souvenirs» di Elisabeth Vigeé Le Brun 1789-1792, Mondadori 2004.
– A. MORTALI, Guida alla Parigi di Maria Antonietta, Mursia, 2015.
– G. PENZO, I processi a Luigi XVI e Maria Antonietta – Dal trono al patibolo, Genesis Publishing, 2014.
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Una città che profuma di pane, regge incantate, zucchero filato e altre magie

07 giovedì Gen 2016

Posted by Giorgia Penzo in Parigi è sempre una buona idea

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Tag

arte, blog, francia, Maria Antonietta, natale, parigi, paris, ricordi, Versailles, viaggi, viaggiare

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Parigi è così.
In mezzo all’odore di pioggia e caldarroste che pervade l’aria s’intrufola quello di pane caldo. Comincia all’alba, esplode alla mattina, perdura fino alla sera, poi ricomincia. Cercare riparo sottoterra è inutile dal momento che le boulangeries abbondano pure nelle metro. È una delle cose più confortanti al mondo.

Le Feste ormai sono finite in soffitta, negli scatoloni, insieme agli ultimi balocchi sopravvissuti fino alla Befana. Da oggi la maggior parte di noi è tornata definitivamente alla sua vita “normale”, almeno fino alla prossima carica di numeretti rossi sul calendario. Io, guardandomi indietro, mi sento di tirare qualche somma: Natale 2015 è stato strano rispetto a quello dell’anno scorso.
Parigi sembrava intrappolata in un limbo: niente albero di Natale a Notre-Dame, nessun fuoco d’artificio, decorazioni ridotte al minimo, atmosfera lieve e il sentore che vigilare fosse meglio che festeggiare. Ma è stata solo un’impressione: la città è viva, amata e piena di speranza, ora più che mai.
Niente mi ha impedito di apprezzarla al meglio, visitare angoli nuovi oltre che vivere esperienze inedite.
Per quante volte una persona possa tornarci, Parigi non finisce mai.

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Per prima cosa mi sono recata in uno dei miei luoghi preferiti: Versailles.
La prima ragione è stata la mostra Le Roi est mort in occasione del 300° anniversario della morte di Luigi XIV.
Divisa in 10 sale (la perdita del Re; Luigi è morto; autopsia e imbalsamazione; esibizione ed effigi; la corte in lutto; il corteo funebre; preparazione del funerale; a Saint-Denis; tombe e mausolei; dai funerali monarchici a quelli nazionali) ripercorre i momenti successivi alla dipartita di Luigi il Grande.
Un’esposizione pomposa, lugubre, macabra e solenne. Da non perdere (fino al 21 febbraio 2016).

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La seconda ragione è stata ancora più entusiasmante: mentre quest’estate ero riuscita a vedere gli Appartamenti Privati della Regina, questa volta ho conquistato un posto per la visita guidata alla scoperta dei Lieux Cachés, i luoghi nascosti della Reggia che non sono aperti alla visita ordinaria.

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Il conferencier ci ha guidati attraverso una miriade di sale di rappresentanza, passaggi segreti, stanze private e nidi intimi utilizzati da sovrani e regine dall’epoca del Re Sole…

Appartamenti Privati del Re

Appartamenti Privati del Re

Passaggio che unisce gli Appartamenti Privati del Re agli Appartamenti privati della Regina

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Biblioteca privata di Luigi XVI

Biblioteca privata di Luigi XVI

Libreria del cabinet des Dépêches (Appartamenti Privati del Re) dove Luigi XV e Luigi XVI aprivano la loro corrispondenza segreta.

Libreria del cabinet des Dépêches (Appartamenti Privati del Re) dove Luigi XV e Luigi XVI aprivano la loro corrispondenza segreta.

… fino agli Appartamenti di Madame de Pompadour, favorita di Luigi XV prima di Madame du Barry.

Madame de Pompadour rappresentata come Diana cacciatrice. Dipinto di Jean-Marc Nattier (1746)

Jeanne Antoinette Poisson, marchesa di Pompadour rappresentata come Diana cacciatrice. Dipinto di Jean-Marc Nattier (1746)

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Dopo troppe volte che rimandavo ho finalmente preso un treno alla Gare de Lyon alla volta di un’altra reggia meno conosciuta e frequentata di Versailles.
Il Castello di Fontainebleau, dimora in stile rinascimentale dei sovrani francesi da Francesco I fino a Napoleone III, si trova a una sessantina di chilometri a sud-est di Parigi ed è una meta che spero di approfondire meglio in futuro. Purtroppo per mancanza di tempo ho potuto visitare soltanto le stanze principali e ho dovuto rimandare una passeggiata nei favolosi giardini.
Un motivo in più per tornare. :)

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Anche Maria Antonietta e Luigi XVI vi soggiornarono durante gli spostamenti autunnali della corte: feste, balli, stagioni teatrali, battute di caccia nell’immenso parco, giochi d’azzardo: fu proprio in questo castello che l’ultima regina di Francia rimase accanto al tavolo da gioco per trenta ore di fila.

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Questo viaggio mi ha regalato attimi unici.
C’è stato il momento della contemplazione davanti alle Ninfee di Monet al Musée de l’Orangerie, che non avevo mai visto.

Così come di fronte alle vetrate perfette della Sainte-Chapelle, tanto leggere alla vista da sembrare di pizzo.

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E quello dinnanzi agli sfavillanti decori delle Galeries Lafayette per il periodo delle Feste.

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C’è stato anche il tempo per iniziare l’anno con (abbondante) dolcezza sugli Champs-Élysées.

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Ma il momento più bello, il più atteso, l’ho lasciato per ultimo. Per la prima volta nella storia, al Grand Palais, è stata organizzata una mostra personale di Elisabeth Vigée Lebrun, straordinaria artista e ritrattista di Maria Antonietta.

Vi racconterò di lei e dell’esposizione in un post interamente dedicato. Vi do quindi appuntamento alla prossima settimana per condividere con voi una delle giornate più indimenticabili che abbia mai vissuto. :)

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❝ Noi non combattiamo per quelli che vivono oggi, ma per coloro che verranno ❞ [Maximilien de Robespierre]

28 martedì Lug 2015

Posted by Giorgia Penzo in Quel che oggi ormai è storia

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Tag

francia, parigi, passato, rivoluzione francese, robespierre, storia

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Oggi, nel 1794, Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre – l’Incorruttibile – veniva ghigliottinato a Parigi in Place de la Revolution.
Il karma, verrebbe da pensare. Ma andiamo per ordine.

Devoto alla causa rivoluzionaria della Repubblica francese fino al sacrificio della vita stessa, Robespierre fu uno dei massimi esponenti del Terrore: una fase storica caratterizzata dal predominio politico dei membri del Comitato di Salute Pubblica che mirava a schiacciare tutti gli oppositori interni della Rivoluzione e combattere con maggiore efficacia la guerra esterna contro le monarchie europee dell’Ancien Régime.

Ritratto di Robespierre, Museo Carnevalet.

Ritratto di Robespierre, Museo Carnevalet.

Un'illustrazione della sala delle Tuileries dove si riuniva il Comitato di Salute Pubblica.

Un’illustrazione della sala delle Tuileries dove si riuniva il Comitato di Salute Pubblica.

I metodi di repressione dell’epoca erano rapidi e inflessibili: tra il 6 aprile 1793 ed il 30 luglio 1794 vennero eseguite, nella sola Parigi, 2663 condanne a morte.

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Una carretta di condannati al patibolo durante il Terrore.

Ad un certo punto, le misure eccezionali emanate durante il Terrore iniziarono a sembrare eccessive e i loro responsabili a essere malvisti dall’opinione pubblica. I nemici di Robespierre misero in giro la voce che volesse distruggere tutto quello per cui si era battuto: ovvero restaurare la monarchia costituzionale istituita nel 1791 – ponendo sul trono il delfino Luigi Carlo, di nove anni, prigioniero alla Tour du Temple dopo l’esecuzione del re e della madre Maria Antonietta – e nominare sé stesso reggente del regno.

Quando Robespierre esitò nel replicare a questi attacchi davanti alla Convenzione, seguì una rissa furibonda. Invano tentò di riprendere la parola, e prima di essere arrestato insieme ai suoi ultimi sostenitori reagì con un’esclamazione rassegnata: “La Repubblica è perduta, i briganti trionfano“.

Jean-Lambert Tallien brandisce il pugnale contro Robespierre durante la seduta della Convenzione del 9 Termidoro.

Jean-Lambert Tallien brandisce il pugnale contro Robespierre durante la seduta della Convenzione del 9 Termidoro.

Nella mattina del 28 luglio 1794, alle 10.30 circa, le Guardie Nazionali fedeli alla Convenzione si impadronirono dell’Hôtel de Ville e arrestarono numerosi dirigenti giacobini fedeli a Robespierre, il quale venne ferito da un colpo di pistola che gli fracassò la mascella. Fu un tentativo di suicidio? Fu veramente il gendarme Charles-André Merda a far fuoco? Alcuni storici sono ancora incerti su quello che successe davvero.
Sta di fatto che tutti i rivoluzionari catturati, pressapoco una ventina, vennero condotti alla prigione della Conciergerie per un formale atto di riconoscimento. La cella in cui venne rinchiuso Robespierre – volere della sorte – era vicina a quella che nove mesi prima aveva ospitato Maria Antonietta, la regina decaduta che egli aveva voluto fortemente portare di fronte al Tribunale Rivoluzionario per rispondere dei crimini contro lo Stato.

I prigionieri vennero quindi inviati, senza processo, dopo circa quattordici ore dalla cattura, alla ghigliottina in Place de la Revolution, tra la folla esultante per la fine del “tiranno”.

L'arresto di Robespierre.

L’arresto di Robespierre.

Valery Jacobi - Robespierre ferito e gli altri arrestati, detenuti in attesa dell'esecuzione sulla ghigliottina.

Valery Jacobi – Robespierre ferito e gli altri arrestati, detenuti in attesa dell’esecuzione sulla ghigliottina.

Robespierre era ferito gravemente, sfigurato, con una vistosa fasciatura alla mascella, e quasi incosciente. Una volta sul patibolo andò incontro alla fine senza dire una parola.
Il suo corpo, come quello degli altri giustiziati, dopo che le loro teste vennero mostrate al popolo com’era uso, finì in una fossa comune del Cimitero degli Errancis, cosparso di calce viva. L’ossario del cimitero venne poi traslato da Luigi XVIII nelle Catacombe di Parigi, dove – tra milioni di resti di nobili e miserabili – è probabile si trovino tuttora quelli dell’Incorruttibile.
Con la morte di Robespierre finì il periodo del Terrore giacobino e si aprì quello più moderato della Convenzione.

Un cunicolo delle Catacombe di Parigi. L'ossario conserva i resti di circa 6 milioni di persone.

Un cunicolo delle Catacombe di Parigi. L’ossario conserva i resti di circa 6 milioni di persone.

Al contrario di Danton – il cui nome fregia una strada, un monumento e alcune placche commemorative – Robespierre suscita ancora una certa paura. Parigi lo ricorda con una stazione della metro (a Montreuil, sulla linea 9) che porta il suo nome. Al numero 398 della rue Saint Honoré c’è una scritta dice che l’Incorruttibile abitava nella casa del falegname Duplay. Resta qualche quadro, qualche stampa, e un ciuffo dei suoi capelli canuti incastonati in un medaglione al Museo Carnavalet.
Poi non c’è altro. Nemmeno una via di Parigi porta il suo nome.

Nonostante le ingiustizie e i numerosi lati oscuri, è opinione assodata che la Rivoluzione francese del 1789 fu una necessità storica. Contribuì a plasmare la società moderna, lasciando in eredità numerose e importanti conquiste nel campo della libertà e della democrazia.
Tuttavia Robespierre rimane ancora oggi una figura storica molto controversa.
Alcuni studiosi l’hanno considerato “il più grande statista apparso sulla scena tra il 1789 e il 1794” [Anatole France] e “il più grande uomo della Rivoluzione e uno dei più grandi della storia” [George Sand]. Altri che era “onesto, sincero, disinteressato e coerente; ma anche codardo, implacabile, pedante, freddo, molto presuntuoso e morbosamente invidioso. Non ha lasciato all’umanità né il bene di un solo grande pensiero né l’esempio di una sola azione nobile o generosa” [George Henry Lewes].

Una statua moderna che ricostruisce l'aspetto di Robespierre, opera di George S. Stuart, Museum di Ventura County, California.

Una statua moderna che ricostruisce l’aspetto di Robespierre. Opera di George S. Stuart, Museum di Ventura County, California.

Tra i contemporanei, Pierre Chaunu, storico francese scomparso nel 2009 che è stato professore all’università di Caen poi di storia moderna alla Sorbona, ci lascia un ritratto ben definito:

“Robespierre era un dittatore, l’uomo di punta del Terrore. Ecco perchè è stato eliminato, anche se c’erano uomini peggiori di lui. Era un mediocre. A 35 anni era un fallito, un piccolo avvocato di provincia senza clienti. Ciò che caratterizza la Rivoluzione è l’ascensione di molta gente mediocre. Guardi come è squallido l’Incorruttibile: è stato educato grazie alla carità della Chiesa, non è riuscito a sposarsi, vive con la sorella e la sfrutta. Perché è rifiutato dai francesi? Perché i francesi hanno rispetto della vita umana. I tribunali rivoluzionari erano un orrore, massacravano alla cieca e Robespierre ne era l’ispiratore. La Rivoluzione aggrediva i popoli europei. Non si vuole comprendere che in Francia si è aspettato il 1860 per fare l’elogio della Rivoluzione perchè gli ultimi sopravvissuti erano morti. Cioè tutti coloro che avevano vissuto quel periodo. Nell’anniversario della sua decapitazione, non deve essere versata neanche una lacrima per Robespierre”.

Fonti:
- Albert Mathiez, Georges Lefebvre, La Rivoluzione francese, Einaudi
- Chi ha paura di Robespierre?

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“Sono calma come si è calmi quando la coscienza non rimprovera nulla”. [Testamento di Maria Antonietta di Francia, 16 ottobre 1793]

16 giovedì Ott 2014

Posted by Giorgia Penzo in Quel che oggi ormai è storia

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addio mia regina, francia, Maria Antonietta, marie antoinette, passato, rivoluzione francese, storia

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Era una bella giornata, con un leggero velo di foschia, e il freddo intenso delle ore notturne si era mitigato. L’immensa folla che fiancheggiava il percorso verso la ghigliottina, in place du Carrousel, si compattava intorno alle parole d’ordine urlate dalla scorta: «Fate largo all’Austriaca!» e «Viva la Repubblica!».

Maria Antonietta era reduce da un processo frettoloso voluto tra gli altri da Maximilien de Robespierre – basato su prove tendenziose e insussistenti – e un’estenuante detenzione nella prigione della Conciergerie*.
Quando il carro raggiunse place du Carrousel, era abbastanza padrona di sé. Discese tranquilla e con passo leggero – «con arroganza» – salì rapidamente i gradini del patibolo nonostante le mani legate, fermandosi solo per chiedere scusa a Sanson (il boia) per avergli pestato un piede: «Non l’ho fatto apposta».

Così si avviò di buon grado, quasi impaziente, incontro alla morte. La sua Versailles era ormai lontana. La testa di Antoinette, desiderata da Hébert, fu tagliata con un colpo netto alle dodici e quindici di mercoledì 16 ottobre 1793, e mostrata a un pubblico in delirio.

Per il suo ultimo viaggio, ad «Antoinette Capet» non fu consentito di indossare il consueto abito nero, in quanto la folla avrebbe potuto insultarla per aver osato vestirsi a lutto. Le fu quindi permesso di indossare il semplice abito bianco di tutti i giorni; nessuno ricordava che, in passato, il bianco era il colore del lutto per le regine di Francia.

Maria Antonietta diventò il capro espiatorio di ogni male che aveva colpito il Paese. Fra l’altro, sarebbe stata incolpata di tutta la Rivoluzione francese da coloro che, ottimisticamente, volevano trovare un unico «colpevole» per poter spiegare i complessi errori del passato.
La sfortuna la perseguitò dal suo arrivo in Francia, ambasciatrice non voluta e inadeguata di una grande potenza, moglie bambina respinta, fino alla fine, quando divenne la vittima sacrificale del fallimento della monarchia.

Digital art by Ricardo Salamanca

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[…] «Che mio figlio non dimentichi mai le parole di suo padre… non tenti mai di vendicare la nostra morte. […] Adieu, mia buona e tenera sorella; che questa lettera possa giungere fino a voi! Conservate sempre il mio ricordo; vi abbraccio con tutto il cuore, insieme a quei poveri, amati figli. Mio Dio, solo lacerata al pensiero di abbandonarli per sempre».

Clip del film

Clip del film “Les Adieux à la Reine”, diretto da Benoît Jacquot e basato sul romanzo “Addio mia regina” di Chantal Thomas, ambientato nei primissimi giorni della Rivoluzione francese.

Chantal Thomas - Addio mia Regina, pag. 24

Chantal Thomas – Addio mia Regina, pag. 24

FONTE:

  • A. Fraser, Maria Antonietta – La solitudine di una regina (Oscar Storia Mondadori)

* La figura di Maria Antonietta ha ispirato il mio saggio I processi a Luigi XVI e Maria Antonietta – Dal trono al patibolo – giunto nel 2017 alla seconda edizione e disponibile anche in ebook – il quale analizza dal punto di vista giuridico i dibattimenti che gli ultimi sovrani dell’Ancien Régime dovettero affrontare in pieno clima rivoluzionario. QUI il blog di Francesca Rossi “Divine Ribelli” ha dedicato al libro una bellissima recensione, proprio in questo giorno così carico di significato *

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Chi sono

Giorgia Penzo, emiliana, ha l'anima un po' incastrata nel passato. Ama il cinema, la mitologia e scappare a Parigi alla prima occasione. È autrice di "Ogni giorno come il primo giorno" (Editrice Nord) e "Il custode di Elias" (Il Battello a Vapore).

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