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Non dico di aver organizzato il soggiorno natalizio a Parigi soprattutto per non perdermi la mostra di questa straordinaria pittrice, ma la verità si avvicina. :)
L’occasione era più unica che rara. L’11 gennaio, dopo quasi quattro mesi, l’esposizione al Grand Palais ha chiuso i battenti e chissà se verrà più riproposta.
Come vi avevo anticipato la settimana scorsa, è la prima volta che a Elisabeth Vigée Le Brun viene dedicato uno spazio di grande rilievo come una mostra monografica. L’unico rammarico è non aver potuto vedere tutte, ma proprio tutte le sue opere: alcuni dipinti da lei realizzati, infatti, non erano presenti nell’allestimento.



Tabellone “social” all’entrata del museo. Anche io ho contribuito con il mio tweet :D (Cliccare sulla foto per vedere il post originale)

Foto ArtTribune
In un mondo dominato all’arte al maschile fin dagli albori, Elisabeth Vigée Le Brun è una delle pochissime artiste a essere ancora oggi ricordata dal grande pubblico. Era una donna dotata di grande talento e altrettanta bellezza, elogiata dai suoi colleghi uomini e protetta dalla regina Maria Antonietta.

Autoportrait au chapeau de paille, 1782, National Gallery (dettaglio) – Opera non presente alla mostra
I suoi lavori sono sparsi nei più prestigiosi musei del mondo, tra cui il Louvre di Parigi: lì è conservato il suo quadro più tenero in cui si ritrae con la figlia Jeanne Julie Louise. Si tratta di uno dei molti autoritratti della pittrice.

Portrait de l’artiste avec sa fille, dit “La Tendresse Maternelle”, 1786, Musée du Louvre

In primo piano: L’artiste exécutant un portrait de la reine Marie Antoinette, 1790, Galleria degli Uffizi. In secondo piano: Portrait dit “aux rubans cerise”, 1782, Kimbell Art Museum
La sera del 5 ottobre 1789, il giorno in cui le donne di Parigi erano scese in piazza e avevano trascinato la folla alla conquista di Versailles, Élisabeth Vigée Le Brun si travestì da popolana e lasciò di nascosto la capitale. Non soltanto l’artista più pagata di Francia non condivideva le speranze della Rivoluzione, ma se ne sentiva minacciata in prima persona.
Il popolo di Parigi non perdonava a una figlia del Terzo Stato di avere eluso – forte del suo prestigio d’artista – ogni divisione di casta, fino ad assurgere all’intimità dei salotti dell’aristocrazia più elevata; non le perdonava di aver celebrato nei suoi ritratti le lusinghe di un vecchio mondo ancora capace di apparire infinitamente giovane e seducente; ma più di ogni altra cosa non le perdonava di essere la pittrice prediletta di Maria Antonietta.

Non si può parlare dell’ultima regina di Francia senza prendere in considerazione l’artista che più di ogni altro l’ha immortalata, una delle pochissime persone ad essere state ammesse nell’intimità del Cabinet doré nei Petit Appartement de la Reine e che grazie alla protezione di Sua Maestà riuscì a essere accolta all’Académie Royale de Peinture ed de Sculpture .
Élisabeth Vigée Le Brun descrive così la regina durante la realizzazione del suo primo ritratto:
Maria Antonietta era alta, straordinariamente ben fatta, abbastanza formosa, ma non pingue. Aveva splendide braccia, mani piccole perfettamente conformate, piedi graziosi. Era la donna di Francia dal più bell’incedere […] ma l’incarnato splendente era la connotazione più straordinaria del suo viso […]. La sua pelle era infatti così trasparente da non prender l’ombra. Non potevo quindi rendere i contrasti come avrei voluto: mi difettavano i colori per dipingere quella freschezza, quei toni così fini […] che non ho mai ritrovato in nessun’altra donna.
Nelle opere di Élisabeth Vigée Le Brun (la quale accompagnò Maria Antonietta fino all’alba della Rivoluzione) si può notare l’evoluzione della sua figura. All’inizio del regno di Luigi XVI i vestiti con cui posa la regina sono gonfi, sontuosi, opulenti e le acconciature al limite dell’estremo.
La regina adotta la rosa come suo simbolo, un accessorio immancabile dal quale non si separa quasi mai nei suoi ritratti. Compare in quello che fa inviare nel 1778 al fratello Giuseppe II…

Marie Antoinette en grand habit de cour, 1778, Kunsthistorishes Museum.
… e addirittura dà il nome a quello che esalta l’eleganza dei suoi ventotto anni.

Marie-Antoinette dit “à la Rose”, 1783, Musée national des châteaux de Versailles et de Trianon – Opera non presente alla mostra
Dopo la nascita della sua prima figlia, però, lo stile cambia. Maria Antonietta si rifugia al Petit Trianon, latita la corte, inizia a privilegiare la vita “di campagna” nel suo Hameau e si avvicina a un modo di vestire e acconciarsi più sobrio. Sono ancora i quadri di Madame Vigée Le Brun che ce ne danno testimonianza.
Quando ritrasse la regina con un cappello di paglia, un vestito di mussola bianca con le maniche plissettate ma alquanto aderenti e di nuovo una rosa tra le dita, le malelingue non mancarono di dire che Maria Antonietta si era fatta dipingere con la camicia da notte: erano gli anni in cui la calunnia cominciava a colpirla e i libelli scandalistici la indicavano come una donna sessualmente ambigua che amava intrattenersi con le sue dame favorite nella segretezza del Trianon.

Marie Antoinette en chemise ou en gaulle, 1783, Hessische Hausstiftung (dipinto e dettaglio)
Da lì a poco il famoso Affare della Collana avrebbe minato la sua reputazione per sempre. Il governo – nella persona del ministro delle Belle Arti, il conte d’Angevilliers – nel tentativo di ridare credibilità all’immagine della sovrana commissionò alla sua ritrattista un dipinto ricco di simboli, teso a celebrare Maria Antonietta come regina e come madre.
Per l’occasione l’abbigliamento della regina fu particolarmente studiato: Maria Antonietta indossa un tipo di abito sobrio in sostituzione alle vesti di mussolina e ai cappelli di paglia che le erano valsi feroci critiche. Il regale abito in velluto rosso è contornato da un bordo di pelliccia nera, mentre il seno matronale è messo in risalto da un pizzo bianco; gli stessi tre colori, simboli tradizionali della regalità, sono ripresi anche nel copricapo. Intenzionalmente la regina non indossa una collana.
Pur volendo mettere in evidenza la figura materna di Maria Antonietta, il ritratto non poteva esimersi dal mostrare anche la sua augusta posizione sociale: sul mobile in alto a destra del dipinto si intravede la sua corona, mentre sul lato sinistro della composizione spicca la Galleria degli Specchi, cuore della monarchia francese. La primogenita, Maria Teresa Carlotta, si protende affettuosamente verso la madre che tra le braccia tiene Luigi Carlo; il delfino di Francia, Luigi Giuseppe, indica la culla della sorellina Sofia, inizialmente presente nella composizione. Morì a nemmeno un anno di vita durante la realizzazione del dipinto e Madame Vigée Le Brun, già in ritardo con la consegna, dovette posticipare la presentazione del ritratto per togliere la bambina.
L’impostazione del quadro e la disposizione delle figure raggruppate in formato piramidale si ispirano a una “Sacra Famiglia” del Rinascimento italiano. Sembra che sia stato lo stesso Jacques-Louis David ad aver incoraggiato la pittrice in questa direzione; lui stesso avrebbe poi sacralizzato il periodo del Terrore ispirandosi per la sua Morte di Marat al Cristo deposto di Caravaggio. Ma il messaggio apologetico di Madame Vigée Le Brun arrivò comunque troppo tardi: agli occhi dell’opinione pubblica Maria Antonietta aveva cessato di essere la regina dei francesi e ora non era altro che l’“Austriaca”.

Marie Antoinette et ses enfants, 1787, Musée national des châteaux de Versailles et de Trianon

Foto ArtTribune
Maria Antonietta con un libro del 1788 fu l’ultimo ritratto ufficiale eseguito da Élisabeth Vigée Le Brun prima della sua fuga. Al suo posto come pittore di corte subentrò il polacco Alexandre Kucharsky.

Marie Antoinette au livre, 1788, Musée national des châteaux de Versailles et de Trianon – Opera non presente alla mostra
Mentre a Parigi infuriava la rivoluzione, la pittrice fu invitata – e continuò così a dipingere – in tutte le corti d’Europa tra cui Roma, Vienna, Londra e San Pietroburgo, rifiutandosi di leggere i giornali per non sapere quali dei suoi amici erano stati ghigliottinati.

Julie Le Brun en baigneuse, 1792, Youssoupoff collection
Ritornò a Parigi solo nel 1802. Verso il 1835, a 80 anni, pubblicò i propri Souvenirs, cronache di viaggi e incontri, che ebbero un grande successo e restano ancora oggi un documento molto interessante sugli sconvolgimenti dell’epoca.

Nell’arte dell’illustrazione, uno degli ultimi omaggi a Maria Antonietta è dell’artista francese Benjamin Lacombe. Nel suo albo Marie-Antoinette: Carnet secret d’une reine – giunto alla seconda edizione – Lacombe stravolge i capolavori di Élisabeth Vigée Le Brun portandoli al limite del grottesco.
La sua Maria Antonietta è una regina che strizza l’occhio al dark, fiabesca, ammiccante, a tratti fragile ed estremamente attuale.

Benjamin Lacombe, Marie Antoinette à la Rose, 2015.
Fonti e libri consigliati per approfondire le figure di Elisabeth Vigée Lebrun e Maria Antonietta:
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