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➺ Il passato è un bagaglio infinito di avventure a cui attingere

Intervista su Letture.org: “I processi a Luigi XVI e Maria Antonietta”

11 sabato Gen 2020

Posted by Giorgia Penzo in Quel che oggi ormai è storia

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Tag

book, books, i processi a luigi XVI e maria antonietta, intervista, lettura, libri, Maria Antonietta, monarchia, rivoluzione francese, saggistica, storia

Appassionati di storia, monarchia, complotti e Rivoluzione francese? Su Letture.org è stata pubblicata la mia intervista sul saggio “I processi a Luigi XVI e Maria Antonietta – Dal trono al patibolo” edito da Genesis Publishing. Di seguito trovate una breve anteprima. Buona lettura ✨ 


Dott.ssa Giorgia Penzo, Lei è autrice del libro I processi a Luigi XVI e Maria Antonietta. Dal trono al patibolo edito da Genesis Publishing: cosa hanno significato, dal punto di vista storico, i processi a Luigi XVI e Maria Antonietta?
Di Luigi XVI e del suo processo se ne parlò subito, a meno di un anno dalla sua esecuzione, come colui che era stato «vittima dello spirito di partito e del fanatismo», «immolato per mano dei suoi sudditi ribelli congiurati per lo sterminio della sua persona, non meno della sua famiglia». La Restaurazione considerò regicidi coloro che votarono la morte del re. Parecchi votanti si scusarono dichiarandosi colpevoli del più grande di tutti i delitti e responsabili del voto abominevole che li avrebbe tormentati fino alla morte. Altri confessarono di aver parteggiato per la morte di Luigi XVI perché sedotti, trascinati, minacciati e obbligati. Ma la Restaurazione restò sorda alle suppliche e la maggior parte di loro venne bandita dal regno. Alcuni vi rientrarono soltanto nel 1830 dopo il crollo della Restaurazione, ormai vecchi e indeboliti dalle vicissitudini di una grande era, decisi più che mai a farsi dimenticare. Il mandato politico della Rivoluzione avrebbe potuto concludersi con la morte di Luigi XVI, il sommo vertice del potere. Alla scomparsa del consorte, Maria Antonietta – regina decaduta, donna, straniera, madre di un delfino senza più un regno – era ormai politicamente insignificante: la sua unica utilità risiedeva nell’essere una merce di scambio, un mero ostaggio nelle mani della Convenzione, che ben presto abbandonò l’idea di servirsene come tale.
La sua morte non avrebbe portato, a differenza di quella del sovrano, a un cambiamento di ordine politico e sociale. Ma come il re, e forse più di lui, costituiva un simbolo: e se l’uno era stato cancellato con la morte, l’altro non avrebbe mai potuto aspirare alla grazia dell’esilio.
Dopo l’esecuzione di Maria Antonietta il dubbio e la paura del diffondersi di un nuovo sentimento monarchico non fecero che portare i partiti all’autodistruzione con l’inaugurazione del periodo del Terrore, che ebbe tra le sue vittime alcuni dei suoi stessi sostenitori tra cui Maximilien de Robespierre.
Durante la Restaurazione, anche per Maria Antonietta si aprì un periodo di mitizzazione della sua figura. Lo stesso Napoleone I decise di prendere in sposa la futura duchessa regnante di Parma, Piacenza e Guastalla Maria Luigia d’Austria – figlia dell’imperatore Francesco II e pronipote di Maria Antonietta – allo scopo di suggellare la pace tra Francia e Austria e omaggiare la monarchia che segnò la fine dell’ancien régime.

Quali falsità sulle figure di Luigi XVI e Maria Antonietta si sono tramandate?
Se Luigi XVI doveva essere riconosciuto colpevole soprattutto dalle alte sfere della nuova realtà repubblicana, Maria Antonietta doveva esserlo anche per il più umile cittadino. Se la morte del re doveva servire per convincere la nazione che la Rivoluzione era giusta e per permettere a essa di risorgere come libera, uguale e definitivamente affrancata dalla monarchia, la morte della regina doveva servire al popolo come riscatto per tutti i soprusi patiti.
Durante il processo, a Luigi XVI furono contestati fatti la cui responsabilità venne ingiustamente fatta risalire alla sua persona, tra cui le repressioni militari eseguite da Bouillé o quella civile del Campo di Marte, i primi insuccessi dell’esercito francese e la resa di Verdun. L’interrogatorio, condotto da Bertrand Barère, s’installò su accuse alcune delle quali risultarono illegali in quanto si riferivano a fatti – eventualmente – avvenuti prima dell’accettazione della Costituzione e della grande amnistia politica promulgata in quella occasione.
Le falsità tramandate su Maria Antonietta durante il suo processo furono, però, ancora più eclatanti. Tra le tante spiccano l’essersi macchiata di incesto con il figlio e la partecipazione all’orgia del 1° ottobre 1789 in occasione del banchetto delle guardie del corpo della famiglia reale, voci avvalorate dai libelli scandalistici e dalle deposizioni dei nemici della regina. Soprannominata l’“Austriaca”, per tutti coloro che non la sostenevano era la spia inviata dagli Asburgo allo scopo di nuocere alla Francia e la sobillatrice del re che la stessa Nazione aveva messo a morte. Le incriminazioni, soprattutto quella totalmente infondata d’incesto col figlio Luigi Carlo, avevano lo scopo di smuovere anche l’opinione pubblica più semplice e analfabeta che era stata toccata dal politico processo al re soltanto per via indiretta.

Che tipo di potere era quello incarnato dal re di Francia?
L’ufficio dei re si fondava su un diritto divino e le loro persone dovevano essere considerate sacre: un simile diritto e una tale sacralità, però, non apparteneva loro in quanto uomini ma solo in quanto re, e sarebbero venuti entrambi meno in caso di perdita del titolo. I sovrani, per provvedere agli scopi del governo, vennero pertanto elevati al di sopra degli altri uomini i quali avevano l’obbligo di riverirli. Al vertice della gerarchia temporale e al di sopra dei signori stava quindi il Re di Francia, incarnazione ereditaria dell’antica monarchia: un re assoluto, i cui diritti procedevano soltanto da Dio; “padre” di tutti i suoi sudditi; proprietario eminente del regno intero e proprietario diretto di vastissimi possedimenti fondiari; detentore infine di tutti i poteri che oggi siamo abituati a distinguere, ossia l’esecutivo, il legislativo e il giudiziario.

➺ CONTINUA SU LETTURE.ORG

I processi a Luigi XVI e Maria Antonietta_seconda edizione

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❝Il passato non è un pacchetto che si può mettere da parte❞ [E. Dickinson] – Le vere origini della Befana

05 giovedì Gen 2017

Posted by Giorgia Penzo in Quel che oggi ormai è storia

≈ 25 commenti

Tag

antica roma, arte, befana, dea, diana, epifania, mitologia, origini, passato, tradizioni

La figura della Befana e la festività dell’Epifania hanno origine nei riti propiziatori della fertilità che presero forma fra le popolazioni italiche nel X-VI secolo a.C.
Anticamente, infatti, Ephiphaneia (che in greco significa “manifestazione”) era la rivelazione della vegetazione – della Dea Natura – che spuntava nei campi con l’anno nuovo.

Nell’Antica Roma, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio (la dodicesima dopo la celebrazione del Sol Invictus il quale ricorreva il 25 dicembre, data in cui in seguito venne stabilito il Natale cristiano), la tradizione voleva che Diana – dea lunare della caccia e della vegetazione – volasse sopra le campagne col suo corteo di ninfe benedicendo la semina per il buon raccolto. La prima settimana di gennaio, infatti, era un periodo molto critico per l’agricoltura in cui non poteva gelare o grandinare, pena la morte dei semi.

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Statua di Diana/Artemide con un capriolo, copia romana di originale ellenistico (Parigi, Museo del Louvre)

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Guillaume Seignac, Diana cacciatrice. Olio su tela (collezione privata)

La Chiesa la considerò malefica, trasmutando la sua figura in quella di una strega, ma poiché il culto persisteva ne accettò una modifica: Diana diventò vecchia e brutta ma benefica, mescolandosi con la dea Strenia che nel solstizio d’inverno portava doni ai bambini romani; la strenna, il regalo che è d’uso fare o ricevere periodo natalizio, deriva proprio dallo scambio di doni augurali durante i Saturnalia, il ciclo di festività romane che si svolgevano dal 17 al 23 dicembre in onore del dio Saturno.
Via via questo accomodamento si trasformò in un mito, poi nella favola che oggi fa parte del nostro folklore.

Poiché nelle campagne sopravvisse a lungo la religione pagana, soprattutto nelle dee legate alla fertilità dei campi, la Chiesa si ingegnò a creare Santi che sostituissero questo compito, inventando la benedizione dei campi, degli animali, degli attrezzi da lavoro, del raccolto e così via; ma nelle campagne per oltre un millennio – e addirittura quasi per 1500 anni in alcune zone – restò in auge la dea Diana, riedizione della dea Dia (protettrice della fecondità della terra e ancora più antica) da cui proviene il termine Dio. Sostituire Dia o Diana con un termine maschile complementare sembrò più facile, e in effetti funzionò.

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Stele rappresentante prefetto del pretorio che compie un sacrificio a Dia (Colonia)

Nella Befana rivivono simbolicamente culti pagani, antiche consuetudini, tradizioni magiche, credenze religiose che si intrecciano, si sovrappongono e si modificano tra loro. Tutte fanno parte della nostra cultura, nessuna deve essere dimenticata o esclusa; ciascuna di essa è meritevole di rispetto, indipendentemente dalla fede personale.
La Festa della Dodicesima Notte ispirò – tra gli altri – William Shakespeare che scrisse l’opera omonima tra il 1599 e il 1601.

Nascondi ciò che sono e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni. – Viola: atto I, scena II

La Dodicesima Notte ebbe la prima rappresentazione – almeno secondo quanto ipotizzato da Giorgio Melchiori nel saggio Shakespeare. Genesi e struttura delle opere – proprio il 6 Gennaio del 1601 al Globe Theatre di Londra ed è considerata una delle migliori commedie pure del drammaturgo inglese.
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Fonte: Romano Impero

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Happy Birthday Your Majesty: 90 (anni) e gli altri numeri di Elisabetta II

21 giovedì Apr 2016

Posted by Giorgia Penzo in Quel che oggi ormai è storia

≈ 19 commenti

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90 anni, elisabetta II, inghilterra, queen, regina

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Novant’anni fa a Londra, al n° 17 di Bruton Street a Mayfair, nasceva con taglio cesareo Elizabeth Alexandra Mary, primogenita dei duchi di York e futura Elisabetta II. Da quel giorno è passato quasi un secolo.
Nessuno è scevro di difetti, compresa Sua Maestà. Su di lei se ne sono dette tante: che in gioventù sia stata una madre lontana e inaccessibile, che soffra da sempre di eccessiva avarizia e che in alcune occasioni si sia dimostrata addirittura senza cuore o troppo fredda.

Ma quanta classe, stile e altrettanta disciplina ci sono in questa donna che ha dedicato la vita al popolo e alla monarchia. «Io dichiaro davanti a voi tutti che tutta la mia vita, sia essa lunga o breve, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della nostra grande famiglia imperiale a cui tutti apparteniamo» recitava alla radio da Cape Town in occasione del suo ventunesimo compleanno durante la sua prima visita ufficiale d’oltremare.
Oggi Elisabetta II segna un traguardo importante, 90 anni di vita. Un’età che per i comuni mortali fortunati significa per di più andare alla bocciofila o fare una sessione di calzina a maglia con le amiche sopravvissute. Macché. Lei ancora lavora, si appunta le revisioni sui testi dei discorsi, guida la macchina, partecipa alle occasioni istituzionali e non si lascia scappare nessun aggiornamento da Downing Street.
Per l’occasione Buckingham Palace ha rilasciato diverse foto ufficiali che la ritraggono con i suoi affetti più cari: la famiglia e gli adorati cani.

Mia Tindall (la bambina che tiene in mano la borsa della Regina), è la figia di due anni di Zara e Mike Tindall;  James, Viscount Severn (8 anni) e Lady Louise (12 anni), figli del Conte e la Contessa di Wessex, e i più giovani degli otto nipoti della Regina;  Savannah (5 anni) e Isla Phillips (3 anni), figlie del più anziano dei nipoti della Regina Peter Phillips e di sua moglie Autumn; Principe George (2 anni) e, tra le braccia della Regina come vuole la tradizione dei ritratti reali, la più giovane dei bisnipoti, la Principessa Charlotte (11 mesi), figlia del Duca e la Duchessa di Cambridge.

Mia Tindall (la bambina che tiene in mano la borsa della Regina), la figlia di due anni di Zara e Mike Tindall;
James, Visconte Severn (8 anni) e Lady Louise (12 anni), figli del Conte e la Contessa di Wessex, i più giovani degli otto nipoti della Regina;
Savannah (5 anni) e Isla Phillips (3 anni), figlie del più anziano dei nipoti della Regina Peter Phillips e di sua moglie Autumn; Principe George (2 anni) e, tra le braccia della Regina come vuole la tradizione dei ritratti reali, la più giovane dei bisnipoti, la Principessa Charlotte (11 mesi), figlia del Duca e la Duchessa di Cambridge.

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La Regina posa nei toni dell’azzurro, uno dei suoi colori preferiti, col figlio, il nipote e il bisnipote. Tre generazioni di eredi al trono.

La Regina e i suoi quatto cani al castello di Windsor.

La Regina e i suoi quatto cani al castello di Windsor.

Ma quali sono gli altri numeri della Regina? Eccone alcuni:

  • 64: gli anni (+74 giorni) di regno. Quello di Elisabetta II è diventato il più longevo di tutta la storia del Regno Unito, battendo quello della sua trisavola Vittoria (63 anni e 216 giorni).
  • 125: milioni di persone nel mondo che sono suoi sudditi.
  • 12: i Primi Ministri che ha incontrato durante il suo regno (così come i presidenti degli Stati Uniti che si sono succeduti).
  • 44: il posto che detiene il regno di Elisabetta II nella classifica dei regni più lunghi della Storia.
  • 68: gli anni di matrimonio con il Principe Filippo di Edimburgo. Si tratta dell’unione matrimoniale più lunga nel mondo delle teste coronate.
  • 4: i figli avuti dal consorte (Carlo, Anna, Andrea ed Edoardo).
  • 7: gli arcivescovi di Canterbury che si sono succeduti alla guida della Chiesa anglicana da quando Elisabetta è sul trono.
  • 117: il numero dei Paesi visitati dalla sovrana.
  • 626: il numero delle associazioni caritatevoli e di beneficenza o di reggimenti militari di cui la Regina è madrina.
  • 16: i paesi di cui è Regina oltre al Regno Unito (Antigua, Barbuda, Australia, Bahamas, Barbados, Belize, Canada, Grenada, Giamaica, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Isole Salomone, Santa Lucia e Tuvalu).
  • 4: i suoi cani. Sono due corgi, Holly e Willow, e due dorgi, Candy e Vulcan.
  • 30: i cavalli che ha avuto nella sua vita.
  • 340: milioni di sterline che avrebbe se vendesse tutte le sue proprietà mobili e immobili.
  • 7: i papi che si sono succeduti durante il suo regno. Nel 1982 Papa Giovanni Paolo II visitò la Gran Bretagna. Fu il primo Papa a farlo in 450 anni.
  • 18: età in cui divenne autista di camion nel Women’s Auxiliary Territorial Service con il nome di Second Subaltern Elizabeth Windsor.
  • 27: età in cui fu incoronata. Dichiarò: «Appartengo al mio popolo, ma non come intendeva Elisabetta I. Non ho scelto io di essere regina, so ciò che si attendono da me, manterrò i miei impegni».
  • 76: percentuale del popolo britannico che attualmente supporta la monarchia.
  • 10: età in cui è diventata ufficialmente erede al trono.
  • 5: i centimetri di tacco massimo delle scarpe della Regina.
  • 150: le borsette che possiede.
  • 500: i capelli del suo guardaroba.
  • 2: le volte all’anno in cui cambia il suo guardaroba.
  • 25: età in cui diventò regina. Si trovava in Kenia con il marito quando le fu comunicato che suo padre Giorgio VI era deceduto.
  • 23: le navi che ha varato.
  • 129: i ritratti ufficiali realizzati durante il suo regno, due con il Principe Filippo di Edimburgo. Il primo risale al 1933, quando aveva 7 anni, commissionato dalla madre al pittore ungherese Philip Alexius de Laszlo.
  • 50: mila le persone ospitate in un anno ai banchetti, pranzi, cene, ricevimenti e feste in giardino a Buckingham Palace.

Elisabetta II è il Signore di Man, il Capo del Commonwealth e il Capo Supremo della Chiesa d’Inghilterra. Nel frattempo è anche una moglie, una madre, una nonna e una bisnonna paziente con uno stuolo di nipoti dal sangue più o meno blu che la adorano. Ma soprattutto è la Regina, The Queen per antonomasia. La sua figura fa parte dell’arte, della musica, del cinema. Della storia.
Nel suo salotto privato al castello di Balmoral, in Scozia, ha un cuscino su cui è ricamata la frase: “Essere regina è bello“. Chissà se lo tiene lì per assoluta convinzione o per darsi un po’ di coraggio nei momenti di sconforto.

Ad ogni modo: Dio salvi la Regina, lunga vita alla Regina. ♔

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C’è un paio di scarpette rosse a Buchenwald, quasi nuove, perchè i piedini dei bambini morti non consumano suole

27 mercoledì Gen 2016

Posted by Giorgia Penzo in Quel che oggi ormai è storia

≈ 42 commenti

Tag

bambini, blog, film, giorno della memoria, libri, Pensieri, ricordo, riflessioni, shoah

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald

più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.

– Joyce Lussu, 1944

Sono tantissime le letture che raccontano la Shoah: biografie, saggi, storie di fantasia, memorie di un vissuto ancora nitido per chi è sopravvissuto e che non potrà mai essere dimenticato.
Di seguito trovate qualcosa di molto simile a un piccolo consiglio, una selezione di cinque libri approdati anche al cinema/televisione che io personalmente ho apprezzato molto:

  • La chiave di Sara ➺ romanzo | film
  • Il pianista ➺ romanzo | film
  • Il bambino con il pigiama a righe ➺ romanzo | film
  • A voce alta – The reader ➺ romanzo | film
  • L’aritmetica del diavolo ➺ romanzo | film

Non c’è altro da aggiungere, se non una cosa, un dovere di tutti: ricordare.

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❝ Sembrerò morto, e non sarà vero ❞ [Antoine de Saint-Exupéry]

31 venerdì Lug 2015

Posted by Giorgia Penzo in Quel che oggi ormai è storia

≈ 26 commenti

Tag

il piccolo principe, letteratura, libri, Saint-Exupéry, seconda guerra mondiale, storia

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Français | English | Español | Deutsch

“Il Piccolo Principe” è il libro più tradotto al mondo.
Nel 1943 furono gli statunitensi i primi a pubblicarlo e a dare il via al suo straordinario successo. Tradotto in 250 lingue e stampato in oltre 134 milioni di copie in tutto il mondo, costituisce una sorta di educazione sentimentale ed è illustrata da una decina di acquerelli dell’autore stesso – Antoine de Saint-Exupéry – con disegni semplici e un po’ naïf.

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Ma Saint-Exupéry non era soltanto uno scrittore. Era un aviatore – come la voce narrante del suo libro più famoso – e un visionario, amante della vita e continuamente con la testa tra le nuvole, in tutti i suoi significati possibili.

Come capitano di complemento si arruolò nell’Armée de l’air durante la Seconda Guerra Mondiale, chiedendo il comando di una squadriglia di caccia. A causa della sua età (aveva 39 anni) e delle sue condizioni fisiche, la domanda non venne accolta e fu destinato a una squadriglia di ricognizione aerea.

Il 31 luglio del 1944, alle 8.25 di un caldo mattino estivo, Antoine de Saint-Exupéry decollò con un aereo F-5 da ricognizione dalla base militare di Borgo per una missione cartografica destinata a stabilire precise mappe in vista dello sbarco degli Alleati in Provenza. Si trattava dell’ultima di una serie di cinque missioni fra la Sardegna e la Corsica. Non fece mai ritorno.
Era diretto verso Lione e sorvolava il Tirreno quando venne abbattuto da un pilota tedesco della Luftwaffe. Il suo aereo precipitò in prossimità dell’Île de Riou e per anni non si seppe nulla sulle circostanze della sua fine.

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Sembra anche che prima del decollo, Antoine avesse confessato ad un amico: “Vorrei sparire come il mio Piccolo Principe”. Un presagio, forse. Si sentiva vecchio, anche se aveva appena compiuto 44 anni. Questo alimentò le voci di un suicidio oltre che di un guasto tecnico ma poi la verità, piano piano, venne a galla.

I primi pezzi del velivolo – modificato per le riprese aeree e disarmato – vennero trovati nel 2000 da un sub professionista, Luc Vanrell, che si era immerso nello stesso tratto di mare in cui, due anni prima, era rimasto impigliato nelle reti di un peschereccio un braccialetto di metallo con incise le parole “Saint-Ex“, quello della sua compagna argentina “Consuelo“, e la scritta “Reynal and Hitchcock. Inc. – 386 4th Ave. N.Y. City USA“, il nome e l’indirizzo dell’editore americano de “Il Piccolo Principe”.
Jean-Claude Bianco, colui che ripescò il monile, avrebbe poi ributtato in mare un pezzo di stoffa trovato insieme al bracciale: probabilmente si trattava di un brandello della tenuta di volo del pilota. Era in seta naturale e potrebbe perciò conservarsi sott’acqua per secoli.

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La scoperta di un motore tedesco vicino al relitto Lightning P-38 di Saint-Exupéry – identificato nel 2004 grazie al numero di serie impresso su alcune parti del velivolo ripescate dal fondale – deviò le ricerche in Germania.
Nel 2008 l’ottantotenne Horst Rippert, ex asso dell’aviazione nazista d’istanza proprio in Provenza, svelò il segreto che aveva tenuto nascosto per 64 anni: confessò di aver abbattuto col suo Messerschmitt Bf 109, proprio nella notte del 31 luglio 1944, un F-5.

Horst Rippert in una foto del 1944.

Horst Rippert in una foto dell’epoca.

Raccontò in un’intervista al quotidiano francese La Provence:
“Dopo averlo inseguito dissi fra me e me: amico mio, se non sparisci ti distruggo. Sono sceso in picchiata verso di lui e ho sparato, non sulla fusoliera, ma sulle ali. L’ho colpito ed è finito diritto nell’acqua. Si è schiantato in mare. Nessuno è saltato, il pilota non l’ho visto. Soltanto dopo ho saputo che si trattava di Saint-Exupery. Ho sperato che non fosse lui, ho continuato a sperarlo. Nella nostra giovinezza l’avevamo letto tutti, adoravamo i suoi libri. Sapeva descrivere il cielo in modo fantastico, i pensieri e i sentimenti dei piloti. La sua opera ha ispirato tanti di noi, era un personaggio che amavo molto. Se avessi saputo, non avrei sparato. Non su di lui“.

Le opere di Saint Exupery, infatti – specie “Terra degli Uomini” e “Volo di notte” – furono fonte d’ispirazione per una intera generazione di piloti, Rippert incluso.

La Francia lo ricorda e lo commemora. Gli è stato intitolato l’aeroporto di Lione e su un pilastro del Panthéon a Parigi, nel tempio della razionalità, c’è una targa che ricorda l’arte e la triste sorte del poeta francese.

Targa commemorativa al Pantheon: "In memoria di Antoine de Saint Exupéry,  poeta, romanziere e aviatore  scomparso nel corso di una missione  di ricognizione aerea  il 31 luglio 1944".

Targa commemorativa al Pantheon: “In memoria di Antoine de Saint Exupéry, poeta, romanziere e aviatore scomparso nel corso di una missione di ricognizione aerea il 31 luglio 1944”.

Il mistero che avvolge Antoine de Saint-Exupéry perdura ancora oggi. Le sue spoglie non furono mai ritrovate e la sua leggenda continua ad affascinare generazione dopo generazione.
Colui che è nato nel cielo e che ora riposa nel mare, colui che non ha tomba, il padre di uno dei personaggi letterari ormai immortali, continua a vivere tra le pagine delle sue opere, negli occhi di chi lo legge e nei cuori di chi sa apprezzarlo.

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“Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. […] E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”.
(da “Il Piccolo Principe”)

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Chi sono

Giorgia Penzo, emiliana, ha l'anima un po' incastrata nel passato. Ama il cinema, la mitologia e scappare a Parigi alla prima occasione. È autrice di "Ogni giorno come il primo giorno" (Editrice Nord) e "Il custode di Elias" (Il Battello a Vapore).

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